LICENZIAMENTO O DIMISSIONI? Quali sono i costi a carico dell’Azienda e le modalità di recesso dal rapporto di lavoro.

Molte aziende preferiscono che i lavoratori si dimettano piuttosto che procedere con un licenziamento disciplinare o per scarso rendimento.

Questa scelta è motivata da diversi fattori:

1. Evitare il costo del ticket licenziamento: Il ticket licenziamento è un contributo che il datore di lavoro deve versare all’INPS in caso di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento. Introdotto dalla Legge n. 92 del 2012, il ticket è finalizzato a finanziare la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), l’indennità di disoccupazione per i lavoratori subordinati che perdono involontariamente il lavoro.

Il ticket licenziamento è pari al 41% del massimale mensile della NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Questo importo rappresenta un costo significativo per le aziende, soprattutto in caso di licenziamenti multipli o di lavoratori con lunga anzianità.

2. Ridurre il rischio di contenziosi legali: Il licenziamento disciplinare o per scarso rendimento può essere impugnato dal lavoratore, con il rischio per l’azienda di dover affrontare lunghe e costose controversie legali. In caso di illegittimità del licenziamento, il datore di lavoro potrebbe essere condannato alla reintegrazione del lavoratore o al pagamento di un’indennità risarcitoria significativa.

La preferenza per le dimissioni dei lavoratori solleva alcune questioni legali e pratiche:

– Pressioni indebite sui lavoratori: indurre un lavoratore a dimettersi può configurare un comportamento illegittimo da parte del datore di lavoro. Le dimissioni devono essere volontarie e non frutto di coercizione o minacce.

– Tutela del lavoratore: il lavoratore che si dimette non ha diritto alla NASpI, salvo nei casi di dimissioni per giusta causa. Questo può mettere in difficoltà economica il lavoratore, soprattutto se le dimissioni sono state forzate.

La giusta causa di dimissioni si verifica quando il comportamento del datore di lavoro è talmente grave da non consentire la prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto di lavoro.

Tra i casi più comuni di giusta causa di dimissioni, la giurisprudenza e i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) individuano:

1. Mancato pagamento della retribuzione: Un ritardo significativo nel pagamento dello stipendio, generalmente superiore a 60 giorni, è considerato un grave inadempimento che giustifica le dimissioni per giusta causa.

2. Molestie sessuali sul posto di lavoro: qualsiasi forma di molestia sessuale da parte del datore di lavoro o di colleghi costituisce una giusta causa per le dimissioni.

3. Demansionamento illegittimo: Modifiche ingiustamente peggiorative delle condizioni di lavoro, come il demansionamento, possono giustificare le dimissioni per giusta causa.

4. Mobbing: Atteggiamenti vessatori e sistematici da parte di superiori o colleghi che creano un ambiente di lavoro ostile sono riconosciuti come giusta causa.

5. Comportamento ingiurioso del datore di lavoro: offese o comportamenti ingiuriosi da parte del datore di lavoro o di un superiore gerarchico possono legittimare le dimissioni per giusta causa.

6. Omesso versamento dei contributi previdenziali: anche la mancata regolarizzazione della posizione contributiva del lavoratore è un altro motivo valido per dimettersi per giusta causa.

In tutti questi casi, il lavoratore ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e, se sussistono i requisiti legali, alla NASpI. È fondamentale che il lavoratore documenti adeguatamente le ragioni delle dimissioni per giusta causa, presentando prove del comportamento illecito del datore di lavoro, come diffide o denunce.

COME DEVONO ESSERE FORMALIZZATE LE DIMISSIONI?

– Obblighi procedurali: Le dimissioni devono essere convalidate secondo le procedure previste dalla legge per evitare abusi e garantire la volontarietà dell’atto.

La convalida delle dimissioni è un passaggio cruciale per garantire che la decisione del lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro sia effettivamente volontaria e consapevole. Secondo la normativa vigente, in particolare la legge n. 92/2012, la convalida delle dimissioni è una condizione sospensiva per la risoluzione del rapporto di lavoro. Questo significa che le dimissioni non producono effetti fino a quando non vengono convalidate.

Le modalità per effettuare la convalida sono le seguenti:

1. Procedure Telematiche: Le dimissioni devono essere presentate attraverso procedure telematiche, come indicato dall’art. 26 del D.Lgs. 151/2015. Questo può essere fatto direttamente dal lavoratore tramite il portale dell’INPS o con l’assistenza di Patronati, Organizzazioni Sindacali, Enti Bilaterali o Consulenti del lavoro abilitati

2. Presso le Autorità Competenti: Il lavoratore può convalidare le dimissioni presso l’Ispettorato Territoriale del lavoro o il Centro per l’Impiego territorialmente competente.

Revoca delle Dimissioni:

– Il lavoratore ha la possibilità di revocare le dimissioni entro sette giorni dalla loro presentazione. La revoca deve essere comunicata in forma scritta, attraverso le modalità telematiche e, se effettuata entro i termini, il contratto di lavoro riprende il suo corso normale.

Queste procedure sono state introdotte per prevenire abusi, come le dimissioni in bianco, e per garantire che le dimissioni siano una scelta libera e consapevole del lavoratore.

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