Con nota n. 694 del 2024, l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha chiarito che in caso di attività lavorative svolte nei luoghi confinati o ambienti sospetti di inquinamento non è sufficiente la certificazione del contratto di appalto bensì occorre certificare tutti i contratti di lavoro del personale impiegato dall’appaltatore, anche se a tempo indeterminato.
Sono considerati ambienti sospetti di inquinamento i pozzi neri, le fogne, i camini, le fosse, le gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi; per i luoghi confinati, pur non esistendo una precisa definizione normativa, è possibile identificare come tali quelli rientranti nelle tipologie richiamate dall’allegato che riguarda “vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos”.
Le attività svolte in questi spazi non adeguatamente ventilati o preventivamente bonificati possono essere letali.
Allo scopo di valutare l’idoneità tecnico professionale delle imprese e dei lavoratori che svolgono le attività in questi luoghi così rischiosi, il Regolamento, fra l’altro, prevedeva (e prevede) l’obbligo di certificare i contratti, come chiarito dalla nota dell’Ispettorato del Lavoro , che precisa:
a) qualora l’impresa nei predetti ambienti intende utilizzare personale con tipologie contrattuali diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, allora l’impresa dovrà procedere alla certificazione dei contratti di lavoro;
b) nel caso in cui l’impiego del personale in questione avvenga in forza di un contratto di appalto, occorrerà certificare i relativi contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore – ancorché siano contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato – ma non certificare anche il contratto “commerciale” di appalto.