Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato nel quale è prevista una durata predeterminata, mediante l’apposizione di un termine.
A seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legge 12 luglio 2018, n. 87 la durata massima del contratto a tempo determinato è attualmente fissata in 12 mesi, con possibilità di estensione a 24 mesi, ma solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni (art. 19):
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Il contratto a termine non può, quindi, avere una durata superiore a 24 mesi, comprensiva di proroghe o per successione di più contratti, fatte salve previsioni diverse dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
La normativa vigente regola, altresì, le ipotesi di prosecuzione del rapporto oltre la scadenza del termine, prevedendo che in tali casi il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo e al 40% per ogni giorno ulteriore (art. 22).
Inoltre, è prevista la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato nel caso in cui il rapporto di lavoro continui:
– oltre il 30° giorno, per i contratti di durata inferiore a 6 mesi;
– oltre il 50° giorno, negli altri casi.
L’eventuale impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto (art. 28).
Qualora sia accertata l’illegittimità del contratto a termine, oltre alla trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno in favore del lavoratore mediante la corresponsione di un’indennità onnicomprensiva calcolata tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.