CONGEDI E PERMESSI: COSA CAMBIA COL NUOVO DECRETO

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Con il messaggio 4 agosto 2022, n. 3066, l’INPS illustra le novità introdotte dal decreto legislativo 30 giugno 2022 n. 105, attuativo della Direttiva Europea n. 2019/1158 che si prefigge di migliorare l’equilibrio tra la vita lavorativa e quella familiare, in materia di maternità, paternità e congedo parentale e fornisce le prime indicazioni utili per il riconoscimento delle relative indennità, in vigore dal 13 agosto 2022.

Il decreto interviene modificando e integrando le disposizioni di legge già vigenti con riferimento alla tutela della maternità e paternità, nonché dei diritti delle persone che assistono soggetti portatori di handicap (c.d. “caregivers”).

Le nuove disposizioni normative promuovono un miglioramento della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare per tutti i lavoratori che svolgono ruoli di cura come genitori o prestatori di assistenza, puntando anche al raggiungimento di una effettiva parità di genere sia sul lavoro che in famiglia.

Tra le novità principali, è previsto il congedo di paternità obbligatorio di 10 giorni fruibile dal padre lavoratore dipendente tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto, anche in caso di nascita o morte perinatale del bambino. I giorni di congedo sono fruibili dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono compatibili con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità cosiddetto “alternativo”.

Per le lavoratrici autonome il diritto all’indennità giornaliera viene riconosciuto anche nei periodi antecedenti i due mesi prima del parto, in caso di “gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza”, accertate dalla ASL.

Per quanto riguarda il congedo parentale, il diritto all’indennità viene esteso fino ai 12 anni d’età del bambino, rispetto ai sei anni precedentemente previsti, con una diversa ripartizione dei periodi indennizzabili che complessivamente possono arrivare fino a un massimo di nove mesi e non più sei.

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