26 Settembre 2025Indennità e bonusInvalidità civile: il ricorso avverso il verbale della commissione medica
L’iter per il riconoscimento dell’invalidità civile e dei relativi benefici economici è un procedimento complesso che coinvolge diversi soggetti istituzionali e si articola in una fase amministrativa e, in caso di esito negativo, in una fase giurisdizionale.
La disciplina del contenzioso in materia di invalidità civile ha subito una profonda trasformazione negli ultimi due decenni, evolvendo da un sistema che prevedeva una fase di ricorso amministrativo a un modello incentrato sulla tutela giurisdizionale, con l’introduzione di uno specifico strumento processuale: l’Accertamento Tecnico Preventivo Obbligatorio (ATPO). Questa evoluzione, guidata da finalità di semplificazione e deflazione del contenzioso, ha ridisegnato l’iter che il cittadino deve seguire per contestare un diniego basato su ragioni sanitarie, imponendo una rigorosa scansione procedurale la cui inosservanza può comportare conseguenze processuali dirimenti.
1. La Fase Amministrativa: Presupposto Indefettibile dell’Azione Giudiziaria
L’intero procedimento ha inizio con la presentazione di una domanda in via telematica all’INPS, corredata da un certificato medico che attesta la natura delle infermità invalidanti . Questa domanda avvia la fase amministrativa di accertamento, che vede il coinvolgimento delle Commissioni mediche delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), integrate obbligatoriamente da un medico dell’INPS .
È fondamentale sottolineare che il verbale redatto dalla commissione medica della ASL non è l’atto conclusivo del procedimento. Esso costituisce un atto endoprocedimentale, di natura tecnica e istruttoria, privo di autonoma lesività e, pertanto, non direttamente impugnabile . Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa:
“il giudizio della Commissione Medica costituisce solo un elemento di conoscenza e di valutazione nell’ambito del procedimento… l’intervento dell’organo medico-legale risponde a finalità di carattere tecnico e ad esigenze di ordine istruttorio laddove la determinazione potenzialmente lesiva dell’interesse del dipendente è unicamente quella dell’amministrazione di appartenenza che resta competente ad adottare l’atto finale del procedimento.”
L’atto finale, che conclude la fase amministrativa e che può essere contestato, è il provvedimento emesso dall’INPS, il quale effettua l’accertamento definitivo .
La preventiva presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell’azione giudiziaria, la cui mancanza determina la radicale improponibilità della domanda in sede giudiziale. Tale vizio è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e non può essere sanato . È inoltre necessario che la domanda amministrativa abbia ad oggetto la medesima prestazione richiesta in giudizio; una domanda per un beneficio diverso, anche se affine, non è sufficiente a soddisfare tale presupposto .
2. L’Abolizione del Ricorso Amministrativo e il Termine di Decadenza
Il sistema previgente contemplava la possibilità di esperire un ricorso amministrativo avverso il giudizio sanitario negativo, tipicamente un ricorso gerarchico alla Commissione Medica Superiore . Questa fase di riesame amministrativo è stata completamente eliminata dall’art. 42, comma 3, del D.L. n. 269/2003, che ha soppresso il ricorso amministrativo con l’obiettivo di semplificare l’azione amministrativa e dare immediato accesso alla tutela giurisdizionale .
La giurisprudenza ha confermato la portata generale di tale abolizione, estendendola non solo ai provvedimenti di diniego per motivi sanitari, ma anche a quelli basati su requisiti non sanitari (es. reddituali) .
“Il D.L. 30.9.2003 n. 269, art. 42, comma 3… si riferisce ai ricorsi amministrativi precedentemente previsti sia contro i provvedimenti di mancato riconoscimento dei requisiti sanitari sia contro i provvedimenti di rigetto o revoca dei benefici economici attinenti a requisiti non sanitari, quali quelli cosiddetti socio-economici” .
A seguito del provvedimento di diniego dell’INPS, l’unica via percorribile è dunque quella giudiziaria. Tuttavia, l’azione deve essere intrapresa entro il termine perentorio di decadenza di sei mesi dalla data di comunicazione del provvedimento, come previsto dallo stesso art. 42, comma 3, del D.L. n. 269/2003 . Il mancato rispetto di tale termine comporta l’inammissibilità del ricorso giudiziario .
3. L’Accertamento Tecnico Preventivo Obbligatorio (Art. 445-bis c.p.c.)
L’accesso alla tutela giurisdizionale per le controversie sanitarie in materia di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità, nonché per l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità (L. 222/84), è subordinato all’esperimento di un procedimento speciale: l’Accertamento Tecnico Preventivo Obbligatorio (ATPO), introdotto dall’art. 38 del D.L. n. 98/2011, che ha inserito l’art. 445-bis nel Codice di Procedura Civile .
L’espletamento dell’ATPO costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale . A differenza dell’improponibilità (che deriva dalla mancanza della domanda amministrativa), l’improcedibilità può essere sanata: se il giudice rileva che l’ATPO non è stato espletato, assegna alle parti un termine di quindici giorni per presentare la relativa istanza .
L’iter dell’ATPO si articola nelle seguenti fasi :
Istanza: L’interessato presenta un ricorso al Tribunale competente (sezione lavoro) chiedendo la verifica preventiva delle condizioni sanitarie.
Nomina del CTU: Il giudice nomina un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) e fissa l’udienza di comparizione. Alle operazioni peritali partecipa di diritto un medico legale dell’INPS .
Relazione Peritale: Il CTU, dopo aver esaminato la documentazione e visitato l’interessato, trasmette una bozza di relazione alle parti, le quali possono formulare osservazioni. Successivamente, deposita la relazione definitiva in cancelleria.
Dichiarazione di Dissenso: Terminate le operazioni, il giudice fissa un termine perentorio (non superiore a 30 giorni) entro cui le parti possono dichiarare, con atto scritto, di contestare le conclusioni del CTU .
4. Gli Esiti del Procedimento di ATPO
A seconda della condotta delle parti, il procedimento può avere due esiti distinti:
A) Assenza di Contestazione e Omologazione: Se nessuna delle parti contesta la relazione del CTU entro il termine fissato, il giudice omologa l’accertamento sanitario con un decreto non impugnabile né modificabile. Tale decreto, una volta notificato all’INPS, obbliga l’ente a provvedere al pagamento della prestazione entro 120 giorni, previa verifica degli ulteriori requisiti non sanitari (es. reddituali, di cittadinanza, ecc.) .
B) Contestazione e Giudizio di Merito: La parte che ha dichiarato di contestare le conclusioni del CTU ha l’onere di depositare, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio di merito. In tale atto, deve specificare, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione . Il giudizio di merito che ne consegue ha come unico oggetto la valutazione della fondatezza delle critiche mosse alla consulenza tecnica . La Corte Costituzionale ha ritenuto tale meccanismo conforme alla Costituzione, non quale forma di “giurisdizione condizionata”, ma come necessaria delimitazione del thema decidendum . Una peculiarità fondamentale di questo giudizio è che la sentenza che lo definisce è inappellabile .
In conclusione, il sistema attuale delinea un percorso obbligato e rigoroso per la tutela dei diritti in materia di invalidità civile. La soppressione del ricorso amministrativo ha concentrato la tutela in sede giurisdizionale, ma attraverso un filtro di procedibilità (l’ATPO) che mira a definire la controversia sul requisito sanitario in modo rapido e con l’ausilio di un tecnico. La mancata osservanza dei presupposti (domanda amministrativa), delle condizioni (ATPO) e dei termini perentori (decadenza semestrale, termine per il dissenso) preclude irrimediabilmente la possibilità per il cittadino di ottenere il riconoscimento giudiziale del proprio diritto.
Fonti citate
1. Tribunale Ordinario Napoli, sez. L1, sentenza n. 794/2016 (2016)
2. Tribunale Ordinario Siena, sez. LA, sentenza n. 90/2018 (2018)
3. Circolare numero 47 del 16-03-2018 (2018)
4. Tribunale Ordinario Milano, sez. LA, sentenza n. 663/2017 (2017)
5. Tribunale Ordinario Marsala, sez. LA, sentenza n. 431/2019 (2019)
6. Tribunale Ordinario Marsala, sez. LA, sentenza n. 320/2018 (2018)
7. Corte Cost., sentenza n. 148 del 28 giugno 2017 (2017)
8. Cass. Civ., Sez. L, N. 21878 del 11-07-2022 (2022)
9. Corte Cost., sentenza n. 8 del 1 febbraio 2023 (2023)
10. Tribunale Ordinario Catania, sez. LA, sentenza n. 3285/2022 (2022)
11. Tribunale Ordinario Castrovillari, sez. 1, sentenza n. 498/2019 (2019) [...]